Da troppo tempo fissava i muri
grigi nell’anticamera dell’esistenza
– una piccola sala d’attesa –
nell’attesa di qualsiasi cosa
purché qualcosa accada.
Sarebbe bastato smettere
di opporre resistenza
al ticchettio dell’orologio
e avrebbe forse imparato la pazienza?
Eppure troppi castelli aveva costruito
con la sabbia e ogni giorno
la marea li aveva infranti.
Se con mansuetudine
si fosse rimessa alll’opera,
avrebbe imparato la perseveranza?
E poi perché tutti sti giri intorno al sole
se bastavano due ore per soffrire,
per prendersi il bello della vita
e scomparire?
Fosse stata ancora capace
di entusiasmarsi per qualcosa
avrebbe chiesto una rosa
al suo amato
e le sarebbe bastata.
Invece un’altra sera passata
in compagnia di queste elucubrazioni,
quando la voglia di socializzare
giace con i mozziconi
e i segnali di fumo
sono le uniche conversazioni.
La mancanza di mezze misure
e lo starsi antipatica, soprattutto
le avevano tolto quasi tutto
tranne un po’di dolcezza
che perdurava
in quell’espressione svampita.
Se la felicità le fosse stata a cuore
non avrebbe mandato all’aria
il quinto anno superiore
il suo grande amore
quelle amicizie di cui non vuole parlare
ma chi non muore si rivede
allo specchio.